Mi sveglio così, con questa frase in testa appena sognata, all’alba di un giorno qualunque.
La scrivo subito, prima di riaddormentarmi, sicura che poi me la scorderò.
E infatti.
La giornata mi travolge, e già dalla colazione avrei dovuto capire che non sarebbe stata facile, non completamente. Continuo ad illudermi di mattina, ma dopo pranzo arrivano subito i sintomi di un pomeriggio delirante che poi scoprirò essere causato dalla nostalgia canaglia.
E quella frase che mi rimbomba in testa di continuo, appena ho un attimo di tregua tra una lagna e un pianto, tra un mà veni e un babba che sembra sia una settimana nel deserto e abbia appena visto un oasi piena d’acqua.
Rispondo alle loro esigenze, senza respiro, nemmeno quando mangio un gelato o faccio pipì, mentre mi faccio la doccia o finisco di cenare con la frutta in mano facendo compagnia a chi si lava i denti di fretta perché troppo stanca per aspettare oltre.
E finalmente cala il silenzio e arriva una leggera aria fresca dalle finestre. Riesco a farmi un caffè e a berlo in santa pace senza nessuno che mi chieda qualcosa. E ritorna la frase del sogno, prepotentemente.
Si, lo farò. E’ ora di guidarlo perché ha perso la strada e si è smarrito nelle vie parallele destinate agli altri. E’ tempo di unire i viali, di creare incroci dove l’amore viene donato anche a se stessi.
Si, porterò il cuore ad amarmi.